Ammettiamolo: ChatGPT ha conquistato un po’ tutti. Questo chatbot è diventato il nostro assistente personale, il nostro confidente, il nostro “so-tutto-io” digitale. Con lui possiamo risparmiare un sacco di tempo nella ricerca di informazioni, nella stesura di testi, nella risoluzione di problemi. Insomma, una manna dal cielo per noi poveri esseri umani sempre di corsa e con mille cose da fare.

Ma c’è un problema: quanto possiamo fidarci di ChatGPT? Quanto sono accurate e attendibili le sue risposte? Il rischio è di farci imbambolare con informazioni vecchie, incomplete o addirittura sbagliate. Perché il chatbot di OpenAI non è mica la bacchetta magica. Non può andare a cercare informazioni fresche fresche su Internet ogni volta che gli facciamo una domanda. Si basa su quello che ha imparato fino al suo “cutoff”, cioè fino a quando non hanno smesso di “rimpinzarlo” di dati di addestramento.

La qualità delle fonti: il tallone d’Achille di ChatGPT
Fidarsi è bene, ma… verificare (e riverificare) è meglio!
ChatGPT e il futuro della conoscenza
La qualità delle fonti: il tallone d’Achille di ChatGPT
Ecco il punto cruciale: la qualità delle risposte di ChatGPT dipende non solo dai prompt che si danno in pasto, ma anche dalla qualità delle fonti che usa. Se gli chiediamo qualcosa e lui si basa su fonti poco attendibili o datate, rischiamo di incappare in fake news. La cosa peggiore è che quando cis i fida ciecamente di una risposta sbagliata, poi si deve fare marcia indietro… e non è bello. Anzi, può essere molto imbarazzante se capita in un contesto professionale.

Ma non c’è da disperarsi. Con qualche trucchetto si può “addestrare” ChatGPT a usare solo fonti di prima qualità. È un po’ come insegnare a un cane a non fare la pipì in casa: ci vuole pazienza, costanza e qualche “premio” (in questo caso, feedback positivi) quando fa le cose come Dio comanda.

1. Specificare bene il tipo di fonte che si vogliono
Il primo passo per ottenere risposte affidabili da ChatGPT è dirgli chiaramente che tipo di fonti deve usare. Non bisogna essere generici, ma specifici. Ad esempio, usando indicazioni chiare come “riviste accademiche”, “fonti verificate”, “documenti ufficiali”, “ricerche autorevoli” o “studi affidabili”.

Si vuole sapere qualcosa sul cambiamento climatico? Non basta chiedere semplicemente “parlami del cambiamento climatico“, ma di basarsi su “ricerche accademiche e studi autorevoli pubblicati negli ultimi cinque anni da istituzioni riconosciute a livello internazionale“. Wow, sembra quasi una richiesta da avvocato… Ma più si è precisi, migliori saranno le risposte.

2. Pretendere citazioni e riferimenti puntuali
Un’altra cosa fantastica di ChatGPT è che può generare citazioni e riferimenti, sempre se glielo si chiede. Non c’è motivo di farsi scrupoli: bisogna pretendere che ti dia fonti autorevoli e affidabili per supportare le sue affermazioni.

Immaginiamo di voler informazioni attendibili sull’evoluzione. Perché accontentarsi di una risposta generica come: “l’evoluzione è il processo per cui le specie si adattano all’ambiente nel corso del tempo“? Non sarebbe meglio chiedere a ChatGPT di basarsi sugli studi di Charles Darwin o altri biologi evoluzionisti di fama mondiale? Senza dimenticare di esigere i link alle fonti originali, così si può verificare personalmente l’accuratezza delle informazioni.

3. Esigere gli ultimi aggiornamenti e i dati più recenti
Quando si domanda qualcosa a ChatGPT, è sempre meglio specificare che si desiderano le informazioni più aggiornate possibili. Se si sta facendo una ricerca su un tema scientifico, bisogna chiedere esplicitamente di basarsi su studi pubblicati negli ultimi anni. Se si vogliono dati statistici su un fenomeno sociale, è assolutamente il caso di specificare l’anno o il periodo che interessa.

Repetita iuvant… Più si è specifici e “rompiscatole” con le richieste, più è probabile che ChatGPT dia risposte basate su fonti autorevoli e aggiornate. Da non dimenticare: ChatGPT ha accesso a una quantità sconfinata di informazioni, ma non può sapere quali sono le più rilevanti per ciascuno di noi, se non glielo si dice chiaramente.

Fidarsi è bene, ma… verificare (e riverificare) è meglio!
Però, attenzione: anche se si usano tutti questi trucchetti per ottenere risposte affidabili da ChatGPT, non bisogna fidarsi mai ciecamente di quello che dice. Non bisogna trascurare che, per quanto sia intelligente e ben addestrato, ChatGPT rimane un’intelligenza artificiale con dei limiti oggettivi.

Quindi, il consiglio numero uno è: verificare sempre le informazioni che dà. Incrociare le fonti, usare altri strumenti di ricerca, consultare databaseaccademici come Google Scholar o PubMed. Non dare mai per scontato che ChatGPT abbia ragione solo perché dice le cose con sicurezza e con un linguaggio convincente.

E se si scopre che ChatGPT ha osato rifilare un’informazione sbagliata o imprecisa? Non bisogna esitare a segnalarlo, a dargli un feedback negativo, a fargli una tirata d’orecchi (sempre con gentilezza). Forse non tutti sanno che formulare le richieste con gentilezza ha come effetto risposte migliori dai chatbot AI! Del resto, solo così potrà imparare dai suoi errori e migliorare nel tempo.

ChatGPT e il futuro della conoscenza
ChatGPT è uno strumento straordinario, è innegabile. Ma non è una bacchetta magica e non può sostituire completamente il nostro spirito critico e la nostra capacità di giudizio.

Il segreto per usare al meglio ChatGPT è trovare il giusto equilibrio tra fiducia e verifica, tra entusiasmo e cautela. Ma bisogna anche imparare a non sviluppare una malsana dipendenza. A non delegargli completamente il compito di pensare e di apprendere al posto nostro.

La vera conoscenza non sta nelle risposte che ci dà un chatbot, ma nel percorso che facciamo per arrivarci. Quindi sì, i chatbot sono utilissimi, sono come una scorciatoia per arrivare alle informazioni. La vera magia però succede dopo, quando si inizia a unire i puntini, come diceva Steve Jobs.

Forse, il vero potenziale dei chatbot AI non è quello di darci risposte pronte e preconfezionate, ma di stimolare la nostra curiosità, di spingerci a fare domande sempre più precise e approfondite, di aiutarci a navigare nel mare magnum delle informazioni disponibili online.

Ricapitolando, ChatGPT può essere il nostro migliore amico o il nostro peggior incubo. Sta a noi sfruttarne le potenzialità senza farci abbagliare dalle sue luci, essere esigenti senza diventare dipendenti, fidarci ma sempre con un pizzico di sano scetticismo.

Chissà, magari un giorno ChatGPT imparerà a fare tutte queste cose da solo (come spera Sam Altman con gli Agenti AI), a selezionare autonomamente le fonti più attendibili, a correggere i propri errori, a sviluppare un vero spirito critico. Quel giorno, forse, potremo finalmente considerarlo non solo un assistente, ma un vero compagno di conoscenza. Ma fino ad allora, tocca a noi umani tenere le redini della nostra intelligenza e della nostra voglia di sapere.

Fonte:  Punto Informatico

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