Nei mesi turbolenti della pandemia la domanda emerse a più riprese: le criptovalute, il Bitcoin in primis e in seconda battuta le stablecoin, possono essere considerate un bene rifugio? Goldman Sachs si spinse a questa previsione soltanto a inizio anno, immaginando per il Bitcoin un ruolo come “riserva di valore” in grado di mantenere certi livelli senza deprezzarsi. Altri analisti facevano notare invece come tra oro e criptovalute potesse innescarsi un rapporto inverso, tale per cui lo spostamento di investimenti sugli asset crypto tendesse addirittura a spazzare via anche gli ultimi afflati di gold standard.

“Proprio come sosteniamo che l’argento sia l’oro dei poveri, l’oro sta forse diventando la criptovaluta dei poveri. Il valore delle criptovalute risiede nella sua rete, proprio come il valore del petrolio è suo consumo. L’oro, come i diamanti e l’arte, non ha questo. È solo un puro asset difensivo che può sovraperformare per un periodo di tempo significativo.”

La verità di queste ore, però, va in direzione opposta. Troppo presto per trarre conclusioni e troppo poco per chiudere un discorso tanto complesso, ma inevitabilmente occorre raccogliere i segnali che il mercato sta lanciando in queste ore di fibrillazione internazionale.

Bitcoin e l’ambizione mancata

Poche ore fa Vladimir Putin ha enunciato il proprio pensiero su Lenin, Donbass e Ucraina, gettando nel panico i mercati e aprendo concretamente la possibilità dello scontro bellico. A distanza di poche ore l’esito è tale per cui l’oro ha raggiunto i massimi di sempre (un valore più alto si era registrato soltanto durante il panico della fase iniziale della pandemia nella primavera del 2020) e, in parallelo, il Bitcoin è tornato a cadere verso quota 36 mila dollari: -5% in un solo giorno, -13% in una settimana, -35% rispetto ad un anno fa.

Se il Bitcoin voleva essere bene rifugio, insomma, l’esame non è stato superato. L’oro, pur a valori già alti, è riuscito in uno strappo ulteriore, mentre il Bitcoin, pur a prezzo di saldo, ha trovato un ulteriore deprezzamento. La crisi ucraina è tuttavia in pieno corso ed il rapporto tra Bitcoin e oro potrà essere meglio sviscerato nei mesi a venire. Quel che il mercato sembra confermare, tuttavia, è la natura prettamente speculativa di questo tipo di asset, riaprendo a possibilità al rialzo se dovessero rasserenarsi gli orizzonti diplomatici, ma escludendo per il momento un ruolo di bene rifugio che l’economia vede più in lingotti tangibili che non in portafogli volatili.

Anche l’oro ha vissuto momenti di altissima volatilità e questo aspetto non può dunque essere imputato al Bitcoin come una fragilità peculiare: l’oro è tuttavia andato in crescendo ogni qualvolta una minaccia stesse per affacciarsi sui mercati, offrendo un porto sicuro dietro cui rifugiare i capitali. Per il Bitcoin il caso ucraino poteva essere un esame, ma il risultato non è stato quello preconizzato da Goldman Sachs nemmeno in ottica di difesa dall’inflazione:

A questo punto, potrebbe esserci abbastanza ricchezza da allocare su entrambi [Bitcoin e Oro], soprattutto, credo, perché il segnale di inflazione sta iniziando a essere più pressante.

Fonte: punto-informatico.it

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